Lisbon Revisited (1926)

Collegata al post precedente, ho un'altra riflessione. Come un paesaggio, un monumento, un'opera d'arte, ci sono delle parole...

Collegata al post precedente, ho un'altra riflessione.

Come un paesaggio, un monumento, un'opera d'arte, ci sono delle parole o delle frasi che in un determinato momento ti sconvolgono.

Non mi riferisco esclusivamente a precise conversazioni, troppo facile così, ma a frasi di libri, a poesie, a qualsiasi cosa che vuoi per la situazione, vuoi per la potenza delle parole, vuoi perché rispecchiano esattamente il tuo stato d'animo in quel momento, ti segnano.


Qualche settimana fa vagavo senza meta per le vie del Chiado, esplorando le viette e guardandomi un po' intorno senza uno scopo preciso, quando mi sono trovata davanti a questa libreria storica, piena di libri antichi, di vecchie fotografie, di dipinti.

Premetto che io ho una passione per i libri in lingua originale, che sia inglese, francese, portoghese o italiano, ma trovarmi in un posto così pieno di storia mi ha fatto completamente dimenticare di tutto quello che avevo intorno.
Quando, sfogliando un libro di poesie di Pessoa, ho trovato questa (questo è solo un estratto), attorno a me sarebbe potuta succedere qualsiasi cosa, che non penso l'avrei notata.


Outra vez te revejo,
Cidade da minha infância pavorosamente perdida...
Cidade triste e alegre, outra vez sonho aqui...
Eu? Mas sou eu o mesmo que aqui vivi, e aqui voltei,
E aqui tornei a voltar, e a voltar.
E aqui de novo tornei a voltar?
Ou somos todos os Eu que estive aqui ou estiveram,
Uma série de contas-entes ligados por um fio-memória,
Uma série de sonhos de mim de alguém de fora de mim?

Outra vez te revejo, Com o coração mais longínquo, a alma menos minha.

Outra vez te revejo - Lisboa e Tejo e tudo -, Transeunte inútil de ti e de mim,
Estrangeiro aqui como em toda a parte,
Casual na vida como na alma,
Fantasma a errar em salas de recordações,
Ao ruído dos ratos e das tábuas que rangem
No castelo maldito de ter que viver...


Outra vez te revejo, 
Sombra que passa através das sombras, e brilha
Um momento a uma luz fúnebre desconhecida,
E entra na noite como um rastro de barco se perde
Na água que deixa de se ouvir...

Outra vez te revejo,
Mas, ai, a mim não me revejo!
Partiu-se o espelho mágico em que me revia idêntico,
E em cada fragmento fatídico vejo só um bocado de mim -
Um bocado de ti e de mim!...
Di nuovo ti rivedo,
città della mia infanzia spaventosamente perduta…
Città triste e allegra, eccomi tornato a sognare…
Io? Ma sono lo stesso che qui è vissuto, che qui è tornato,
e che qui è tornato a tornare, e a ritornare,
e di nuovo a ritornare?
O siamo, tutti gli Io che qui sono stato o sono stati,
una serie di grani-enti legati da un filo-memoria,
una serie di sogni di me di qualcuno fuori di me?

Una volta ancora ti rivedo, col cuore più lontano e l’anima meno mia.

Una volta ancora ti rivedo – Lisbona e Tago, e tutto –,
viandante inutile di te e di me, 
straniero qui come dappertutto,
casuale nella vita come nell’animo,
fantasma errante in sale di ricordi,
al rumore dei topi e delle tavole che scricchiolano
nel castello maledetto del dover vivere… 

Un’altra volta ti rivedo, 
ombra che attraversa ombre, e brilla 
per un attimo a una funebre luce ignota,
e penetra nella notte come una scia di una barca si perde
nell’acqua che non si sente più…



Un’altra volta ti rivedo,
ma, ahimè, non mi rivedo!
Si è rotto lo specchio magico in cui mi rivedevo identico,
e in ogni fatidico frammento vedo solo un pezzo di me –
un pezzo di te e di me!…

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