One week in Barcelona: part I

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Dal 24 settembre sono a Barcellona, dove resterò una settimana esatta, per lavorare ad un evento e per sistemare alcune cose.

Resterò a casa di Davide, un mio ex-compagno di corso, che è rimasto a Barcellona. Arrivo il 24 sera, un giovedì, e mi sono messa d’accordo con Davide ed un’altra nostra ex-compagna di corso, Laura, per vederci. Dopodiché io ero già d’accordo per andare a ballare con un altro amico, che sarebbe venuto al Bling Bling con dei suoi amici.


Torno a casa alle 5.30-6.00 e non ho le chiavi. Ho due possibilità: la prima, la più sensata, suonare il citofono e svegliare qualche coinquilino di Davide perché mi apra; o la seconda, per non svegliare nessuno, aspettare fuori dal portone di casa finché Davide non si alzi per andare a lavorare. Ovviamente io scelgo la seconda, e sto fino alle 7 a dormire davanti al portone, ispirando chissà quali congetture tra i passanti.

Dormo tre ore e vado a ritirare l’uniforme per l’evento, che sarebbe iniziato il giorno dopo. L’evento è un congresso di Cardiologia molto grande che si svolge a Fira, uno degli spazi eventi più grandi di Barcellona. È un evento di 4 giorni, dal sabato al martedì, che ospiterà intorno alle 30 mila persone.

Nel pomeriggio esco per andare a prendere un caffè e per fare una camminata sulla Rambla, tappa fissa di ogni mio ritorno a Barcellona. Ma che questa volta ha un’aria completamente diversa. La Rambla non sarà mai più la stessa: l’atmosfera di festa, di sguardi persi nella bellezza dei palazzi che la fiancheggiano, di passi lenti, di gelati e snack lungo il cammino, hanno lasciato spazio alla profonda tristezza, alla melanconia, al clima di angoscia e dolore. Una città distrutta, ma che si stringe in un abbraccio che la scalda poco a poco, che le dà la forza di andare avanti.
E Barcellona va avanti, e lo prova con una dimostrazione in cui migliaia e migliaia di persone si riversano nelle strade sotto lo slogan: “Non abbiamo paura”.

Torno a casa di Davide verso le 20.30, e vado a cena con lui e i suoi coinquilini. Andiamo a mangiare un po’ di tapas e passiamo una serata tranquilla in compagnia. Quando torno a casa sono distrutta, mi butto a letto e mi addormento in 10 minuti.

Il giorno dopo faccio tutto con calma: esco di casa alle 10 e inizio a lavorare alle 11.00. Il lavoro è piacevole, sono in uno stand con altre due hostess, due ragazzi del bar e il gruppo dei ragazzi che si occupano della manutenzione, che sono 6/7.

Le giornate passano in fretta, se non fosse per il dolore ai piedi: alterno un paio di tacchi e delle ballerine, ma non so quale dei due sia più scomodo. Sono arrivata al quarto giorno con una vescica per ogni dito, e le unghie distrutte. Non so neanch’io come ho fatto ad arrivarci al quarto giorno.


Since September 24th, I am in Barcelona, where I will stay one week, to work in an event and to figure out a few things.

I am staying at a friend’s place: Davide, who was in my class and is now working in Barcelona. I arrived on Thursday night, and I had already agreed to meet up with Davide and another girl in our class, Laura. After that, I went to Bling Bling with another friend of mine, Lollo, who came there with other friends.


I came back home at 5.30-6.00 and I didn’t have the keys. I had two possibilities: the first one, the most reasonable one, press the intercom and wake some of Davide’s flat mates up to open the door. Or the second one, not to wake up anyone and wait outside the front door until Davide would have got up to go to work. Obviously, I went for the second one. And slept in front of the entrance until 7 am, inspiring God knows what conjectures among the passersby.

I slept three hours and went to pick up the uniform for the event, which would have started the day after. The event is a big Congress of Cardiology taking place in Fira, one of the biggest spaces for events in Barcelona. It’s a four days event, from Saturday to Tuesday, which hosts about 30 thousand people.

In the afternoon, I went out to go to have a coffee and have a walk on the Rambla, milestone of my returns to Barcelona. But this time it was different. The Rambla will always be different. It won’t ever be the same. The party vibes, the looks lost in the beauty of the buildings, the slow walks, the ice-creams and snacks along the way, leave room to the deep sadness, to the mood of melancholy, to the anguish and sorrow. A devastated city, but embraced in a hug that warms it up little by little, giving it the strength to move on.
And Barcelona moves on, and proves it with a demonstration with thousands and thousands of people filling the streets using the slogan: “We are not afraid”.

I came back home at 8.30 pm, and went dinner with Davide and his flatmates. We went to have a few tapas and we spent a cool night together. I got at home dead-tired, I touched the bed and fell asleep in 10 minutes.

The day after I took it easy: I left home at 10.00 am and started to work at 11.00. The work was nice, I was in a stand with other two hostesses, two guys at the bar and the group of guys taking care of maintaining.
The days went fast, if it wasn’t for the pain in my feet: I alternated a pair of high heels and a pair of ballerinas, but I don’t know what was the worst.

I got to the fourth day with a blister per finger, and the nails destroyed. I don’t even know how I got to the fourth day.

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