sabato, luglio 30, 2016
riflessioni sulla mia esperienza in Australia: il sogno australiano
sabato, luglio 30, 2016Mi fermo a riflettere, a giochi finiti, sulla mia esperienza australiana . E sulle differenze che ci separano da quella terra tanto diver...
Mi fermo a riflettere, a giochi finiti, sulla mia esperienza australiana. E sulle differenze che ci separano da quella terra tanto diversa.
Un paese lontano, lontanissimo: un altro mondo, un altro continente, un'altra cultura.
La cosa che apprezzo di più della cultura australiana è la voglia di tutti di godersi la vita, di approfittare di ogni attimo, e di rendere anche un pranzo di lavoro un'occasione piacevole per divertirsi e passare dei bei momenti. Godendo di buon cibo (basta che sia italiano, o che pensino sia italiano, e gli sembrerà tutto più buono) e di una buona bottiglia di vino. Che poi la paghino 10 volte il valore di mercato a loro non importa.
Un immigrato che vive da ormai 20 anni a Melbourne mi ha detto: "io sono fortunato, perché ho i passaporti dei due paesi più belli del mondo, l'Australia e l'Italia". E in effetti la nostra rilevanza storica e culturale loro non ce l'hanno. E per questo tanti neo-australiani vantano nazionalità che non gli appartengono, perché "si lei mette il Parmigiano dappertutto perché è italiana, gli italiani lo fanno". E che te lo dico a fare. E riposi in pace la carbonara fatta nei peggio modi, ormai per quella c'ho perso le speranze, ma almeno la pasta al pomodoro...
Resta il fatto che vivendo a casa di mia zia, nata e cresciuta in Italia, io non mi sono mai sentita lontana da casa. Degna sorella di mia nonna, ogni domenica ci si alzava da tavola alle 5, e mica si mangiava australiano: via di lasagne, cauzuni, cavatelli e fusilli (Italian version on Google). Il legame che lega a casa passa anche dal cibo: per questo non si sono mai fatti mancare niente, facendo loro prosciutti, salami, ricotte e comprando tutto il resto rigorosamente nei negozi italiani. Benedetta integrazione.
Per questo la mia esperienza australiana è stata sotto certi aspetti una parentesi italiana mentre vagavo per il mondo. Lavorando in due ristoranti italiani, vivendo con mia zia che con l'inglese poco ci prende, mangiando solo ed esclusivamente cibo italiano e parlando quasi più italiano che inglese.